Fili colorati sulla pelle: il mistero di Morgellons

Tuttoscieze della Stampa dedica una
pagina al misterioso morbo di Morgellons, che si presenta con
rigonfiamenti, macchie, granuli e peli del tutto innaturali. Le
vittime, migliaia dall’Usa all’Europa, sollecitano una ricerca seria,
ma fino ad ora i risultati sono stati contraddittori.

La
mobilitazione è partita da Lary Leitao, biologa e madre di un bimbo
colpito dal morbo, che ha fondato la Morgellons Research Foundation.

«Una
pattuglia di ricercatori – scrive la Stampa – si è lasciata convincere,
ma altri continuano a opporre rifiuti sarcastici. "Il Morgellons non
esiste!". Non credono ai filamenti blu, rossi e neri che crescono da
bizzarre lesioni dell’epidermide e nemmeno ai sintomi collaterali tipo
dolori muscolari, fatica cronica e buchi neri cognitivi, che a volte
degenerano in paranoia e depressione. Ribattono – come Lynn Kimsey
della University of California at Davis – che i disturbi sono mentali:
si tratterebbe di un raro disordine psicologico chiamato «parassitosi
delusionale», che spinge a un’insopprimibile furia autolesionista. Ci
si gratta e ci si ferisce, perché si è ossessionati dalla certezza di
essere invasi da parassiti che correrebbero sotto la pelle (paragonati
a volte a invasori alieni o a nanomacchine di bioterroristi) e
l’invenzione del Morgellons, paradossalmente, assumerebbe le forme di
una gratificazione vittimistica».

«La lista degli scettici
– prosegue il quotidiano torinese – è lunga e varia e comprende anche
la teoria di Caroline Koblenzer della University of Pennsylvania:
sostiene che gli strani segni sul viso, le braccia e le gambe non sono
altro che le tracce di "batteri irrilevanti e innocui insetti"».

Il
farmacologo Randy Wymore dell’Oklahoma State University è stupefatto
dall’aver constatato che le fibre non corrispondono a nessuno degli 880
componenti industriali usati comunemente e con i test cromatografici –
a 370° – ha scoperto che restano intatte
: «Qualunque sostanza organica
avrebbe dovuto vaporizzarsi, mentre quelle inorganiche si sarebbero
ridotte in cenere». Nei Clongen Laboratories del Maryland, invece,
Ahmed Kilani sostiene di aver individuato tracce di Dna, che appartiene
a un fungo, mentre alla Stony Brook University il biochimico Vitaly
Citovsky ribatte che le lesioni contengono colonie di Agrobacterium, un
raro batterio colpevole di provocare alcune forme di tumore nelle
piante.

«Al momento – spiega la Stampa – l’unica terapia
riconosciuta è un trattamento di antibiotici che, sebbene riesca ad
alleviare le sofferenze fisiche e anche quelle psicologiche, non è
riuscito ad allontanare i sospetti del ben noto "effetto placebo"».

Ora
il Cdc (Centres for Disease Control and Prevention) di Atlanta, il
massimo ente governativo degli Stati Uniti per lo studio delle malattie
sta elaborando i parametri per la prima indagine a tappeto, avulsa dai
condizionamenti di chi crede e di chi non crede.

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