da http://www.informa-azione.info/to_ultime_prove_di_regime
quando conta più la sicurezza e l’ordine pubblico che la libertà e la solidarietà
Queste parole sono rivolte a
tutti quelli che ancora pensano che la libertà sia uno dei valori più
importanti per l’essere umano, a quelli che credono ancora
nell’antifascismo e che non lo trovano anacronistico, a quelli che
desiderano, in quest’epoca in cui la televisione domina ogni desiderio
ed ogni pensiero, mantenere la loro creatività e la loro possibilità di
autodeterminazione, a tutti quelli che non si sono ancora rassegnati a
svendere la loro libertà in cambio di una presunta sicurezza.
”Sicurezza”: cosa significa? Perché ci fanno credere che ce ne sia così bisogno?
In un momento in cui
questa parola è sempre più frequente sulla bocca di tutti, trasformata
in una questione prettamente “militare”, e rivolta soprattutto ad
eliminare alla vista il diverso in nome del decoro, sembra che però ci
si dimentichi altre accezioni: la sicurezza di un lavoro, la sicurezza
di una casa, di un presente ma soprattutto di un futuro, sicurezza di
sentirsi liberi di poter vivere la propria vita e fare delle scelte..
nulla di tutto ciò ci viene garantito dai decreti antibivacco, dalla
presenza di carabinieri col mitra spianato a ogni incrocio di vie o da
alpini a passeggio per la città.
In perfetta sintonia
con il governo, che dall’alto della sua presunta autorità morale si
permette di limitare sempre più lo spazio di azione dell’individuo
ingabbiandolo nel ruolo di cittadino passivo e accondiscendente,
lasciando invece totale discrezione …
a chi muove i suoi ingranaggi, le autorità cittadine hanno annunciato
che procederanno al più presto allo sgombero di tutte le realtà
occupate e autogestite di Torino, per ripristinare la tanto declamata
legalità.
Il comune si vanta di
restituire alla cittadinanza gli edifici ora occupati, assegnandoli per
attività sociali: ma, anche dai toni che ha assunto il dibattito
politico, ci sembra invece che stia tentando disperatamente di trovare
qualche destinazione plausibile (con un’associazione pronta a ereditare
le conseguenze di uno sgombero) che legittimi la chiusura dei posti
occupati, non perchè effettivamente ci sia bisogno di uno spazio – ogni
quartiere abbonda di edifici pubblici abbandonati – ma per mettere a
tacere una voce di dissenso. L’esperienza insegna che nei fatti gli
stabili torneranno a quel degrado in cui si trovavano prima di essere
occupati, o ospiteranno attività che non restituiscono lo spazio alla
città ma piuttosto costruiscono nuovi recinti, di fatto impedendone
l’accesso. Mentre adesso negli spazi occupati si svolgono attività che
sono aperte a chiunque ne abbia piacere: dalle palestre alle cucine
passando per tutti i concerti e gli incontri che vi si organizzano, le
proiezioni di film e i dibattiti.
Ma in tutto l’inchiostro versato per sparlare dei “centri sociali” si è riusciti a parlare sempre e solo di ordine pubblico.
Ed esclusivamente di
ordine pubblico si è parlato anche due sabati fa, quando un gruppo di
persone ha impedito un presidio di Casa Pound in piazza San Carlo e
rovesciato un gazebo della Lega Nord in piazza Castello.
Si è infatti cercato
di far passare quei fatti per un’azione di pochi facinorosi, quando in
realtà in piazza c’erano studenti, lavoratori, passanti indignati
perchè le istituzioni garantiscono agibilità politica a gruppi
dichiaratamente neofascisti (concedendo loro una legittimazione vietata
persino nella Costituzione) e perchè non possono sopportare che un
partito che ha attuato leggi razziste se ne stia tranquillamente in
piazza a diffondere i propri messaggi di intolleranza.
Ricordiamo che
l’attuale maggioranza ha promulgato le leggi sui respingimenti dei
clandestini ed ha approvato il pacchetto sicurezza: questo vuol dire
togliere a chi è già in Italia qualsiasi primario diritto, quale
l’istruzione o le cure, e condannare ogni giorno a torture e morte chi
cerca di raggiungere una vita migliore fuggendo da situazioni di guerra
e di estrema povertà.
E non si può non
riconoscere le somiglianze tra le ronde (padane o nazionali che siano)
organizzate da privati cittadini, con i “fasci” o meglio le squadracce
nere del tanto aborrito ventennio fascista. E le nuove squadracce si
accaniscono sulle situazioni di “degrado sociale”, su cui sono state
dirottate le paure collettive in modo funzionale agli interessi del
potere, che attraverso la criminalizzazione del diverso e della povertà
distrae da ogni altro problema e rafforza il controllo sociale.
Ma chi coglie queste
dinamiche e indignato cerca di farle emergere viene tacciato di
pericolosità e obbligato a tacere. Ma non è forse una legalità ipocrita
quella di chi legittima e diffonde una mentalità razzista e pretende il
rispetto dell’ “ordine publlico” da chi cerca di contrastare la
diffusione di queste pericolose idee?
Chi è il vero violento?
In questo triste
scenario politico sociale i luoghi occupati rimangono uno dei pochi
posti dove viene lasciato spazio a rapporti fra individui che non siano
filtrati dalla mercificazione e dal denaro, in cui può essere lasciato
spazio alla creatività senza che questa venga strizzata e rovinata da
un’idea meritocratica, in cui si possa portare avanti una
controinformazione libera senza secondi fini, se non la conoscenza.
Si tratta di luoghi di incontro dove il denaro o la competitività non mediano i rapporti.
Si tratta di uno dei pochi luoghi dove ancora si pratica un antifascismo militante…
Non ci rivolgiamo a
quelli che nelle case occupate ci vengono abitualmente, ma a tutti
quelli che pensano che la diversità delle idee possa avere un qualche
valore.
Perchè tutto ciò che è diverso
da una proposta ufficiale e “comune”, sembra essere automaticamente
“sbagliato” agli occhi dei più, che si tratti di dove vivere o di come
divertirsi. Ma perchè fa così dannatamente paura?
Riteniamo che a
Torino la perdita delle case occupate non sarebbe una perdita solo per
gli occupanti e gli interessati, non sarebbe soltanto la fine di
un’esperienza di libera autogestione, ma sarebbe soprattutto una
perdita per tutta la città, un passo indietro, si tratterebbe della
perdita di un pezzetto di libertà, perché, per quanto condivisibile o
criticabile, l’esistenza di questi luoghi va innegabilmente di pari
passo con l’esistenza reale della libertà di espressione. Accettare e
giustificare incondizionatamente lo sgombero di ogni spazio occupato
vorrebbe dire fare un passo in più verso una normalità che è
omologazione, e legittimare ancora di più la repressione già purtroppo
ampiamente tollerata.
Mettiamoci in gioco per difendere quel poco che rimane della nostra libertà.
Per info
ascoltate radio blackout FM 105.250 www.radioblackout.org
www.informa-azione.info www.tuttosquat.net