Radio Blackout è sotto sfratto

Torino, 17.12.2009

In piena linea con il
clima e l’acre odore che si respira in questi giorni di gioiosi sprechi
pre-natalizi, si confermano tutte le previsioni. Il 30 novembre 2009, è
venuta in scadenza la concessione dello stabile di via Cecchi che (per
ora) ospita Radio Blackout. Il 2 dicembre, ci viene frettolosamente
comunicato che in ragione della rifunzionalizzazione dell’area
(ricordate, l’accordo Comune di Torino – Associazione Vodafone Italia e
Umana Mente?) non potrà darsi corso al rinnovo. Tuttavia, visto che una
radio non può fare le valige come un qualunque
sfollato-scacciato-esiliato, abbiamo il “congruo” termine di rilascio
di 4 mesi. Data di scadenza, 31 marzo 2010.

Quindi?
Quindi ci viene sempre più spontaneo dire come si stia semplicemente edulcorando la pillola.
Non
veniamo sfrattati, non veniamo scacciati, siamo incompatibili. Ma
suvvia, in 4 mesi, si sposta il traliccio, impianto di trasmissione e
si va altrove (se si riesce).

Facile no?
Forse no. Forse non è così facile nascondere la polvere negli angoli o sotto il tappeto.
Rifiutandoci
il rinnovo di contratto, motivando il tutto con “incompatibilità sulle
nuove destinazioni d’uso”, si nega per intero tutto ciò che Radio
Blackout è, senza compromessi, senza se e senza ma.
Si nega la sua stessa esistenza.
Radio
Blackout parla di disagio, parla di lotte sociali. Ne siamo cronisti,
raccontiamo la violenza non spettacolarizzata in modalità plastico
porta-a-porta del manganello, la violenza di vite costrette alla
precarietà, la violenza della legge del mercato. Parliamo di questa
violenza, ed è oltremodo scomodo tutto ciò.
Diamo voce alle
minoranze, diamo voce ad immigrati, a coloro che sono costretti ad una
vita ancora più infima della peggiore idealizzabile qui nell’opulento
occidente,a coloro costretti ad abbandonare tutto, nella speranza di
ossigeno e di una vita migliore.
Siamo eco e la voce di tutte le
esperienze non conformi, non omologate, non commercializzate, e che
proprio per questo sono più dirette, prive di impalcature della diffusa
morale prostituta al dio denaro.
Parliamo di espressioni libere,
autoproduzione e autogestione, parliamo e suoniamo musica fatta con
cuore, stomaco e cervello, che si muove dalla primordiale urgenza
espressiva. E che delle manovre dell’economia, spesso, preferisce non
averci a che fare.
Tutto quanto questo, non rientra forse in un
ottica sociale, di progettualità di integrazione razziale e culturale,
di sponsorizzazione di esperienze giovanili, reali e concrete?
Tutto
questo, non è formalmente compito dell’Assessorato alle Politiche
Giovanili, che con dirette indicazioni del Sindaco, ci nega lo spazio?
Evidentemente,
il nostro non essere piegati alla logica di un colore politico
istituzionale (che a sua volta controlla questo o quell’editore, che
controlla questo o quel mezzo di comunicazione, che prende e rigira la
realtà, secondo piacimento di chi sta all’inizio della catena..) non è
assolutamente compatibile.

E’ dal 1992, che tra alti e bassi, proviamo a dar voce a chi non ha voce.
Togliendoci la sede, certo, non ci si sta obbligando alla chiusura; è tuttavia una mossa che ha lo stesso valore.
Siamo
una radio comunitaria, una delle poche in Italia, perlomeno una delle
poche non legate al potere economico e politico della chiesa. Siamo
autogestiti, non abbiamo editori, non ospitiamo pubblicità commerciali.
Non abbiamo mai chiesto finanziamenti pubblici, né tanto meno graviamo
sulle tasche dei cittadini.
Meglio un locale sfitto, che un ridotto incasso di 1300 euro. Meglio il nulla che la critica.
Meglio
toglierci di mezzo, piuttosto che provare ad ascoltarci e porsi qualche
sano personale dubbio, su questo bel mondo che viviamo.
La questione
da ora in avanti è più grossa, si parla di REALE censura. La partita in
ballo è sul diritto alla libera informazione, sulla libertà di
espressione. Questa da parte loro, è solo la prima mossa.
Da parte
nostra, è solo un inizio di un percorso. Siamo consapevoli, che il
piano di discussione, se questi sono i termini, si sposta su un tema
più ampio di un semplice rinnovo di contratto.

Data di scadenza 31 marzo 2010.
Noi l’etichetta sul tappo, non la troviamo..

RADIO BLACKOUT, dicembre 2009.

This entry was posted in CONTROINFORMAZIONE. Bookmark the permalink.